La scuola pubblica è luogo di formazione, incompatibile con messaggi regressivi

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Una associazione legata all’estrema destra e supportata nella Giunta regionale dall’Assessore Marrone promuove, con un contributo regionale di 100mila euro, una iniziativa rivolta ai giovani delle scuole torinesi che vede riproporre culture militariste, improntate all’uso della forza, tradizionalmente ostili al tema dell’uguaglianza dei diritti e con il richiamo a messaggi che hanno caratterizzato la storia dell’estrema destra. Quell’estrema destra che non si è mai riconosciuta nei valori costituzionali dell’inclusione, dell’eguaglianza, della democrazia e dei diritti come pratica e sostanza di una comunità sociale che rifiuta la forza, la prevaricazione, la gerarchia come riferimenti di un ordine sociale.

Emerge con chiarezza la natura “nostalgica” del programma di questa iniziativa.

Basta scorrere alcuni titoli per cogliere, senza troppa fatica, la visione di una società che la storia italiana ha rifiutato e a questa ha contrapposto un modello di società contenuto nella nostra Costituzione: la guerra spiegata ai ragazzi, il corpo della nazione, maschi contro femmine.

Sono alcuni titoli di un programma che vede la partecipazione un rappresentante dell’Associazione nazionale incursori dell’esercito.

Ma il nodo riguarda l’approccio, quindi i contenuti, e i destinatari, gli studenti delle scuole torinesi.

La scuola forma cittadini che assumono come valori di riferimento la tolleranza, la pace e guardano alla guerra come uno strumento sbagliato e tragico nella risoluzione dei conflitti (come prevede la nostra costituzione), insegna il valore dei diritti della persona e non c’è un corpo della nazione, c’è il corpo di ciascuno di noi che va preservato, rispetto alla prevaricazione o al primato di ragioni più elevate. La scuola pubblica è per struttura, competenza e cultura alternativa a tutto ciò che contrasta i valori contenuti nella Costituzione.

Parlano di guerra, ma se ci fosse un conflitto bellico troverebbero il modo di farsi esonerare e a fare la guerra lascerebbero il posto al “corpo della nazione”.

Il corpo della nazione, quello in carne e ossa, non è la degradata visione muscolare, priva di consistenza culturale che si nutre dell’esaltazione della forza, della guerra, della gerarchia. Il corpo della nazione sono i centinaia di casi di femminicidio (esempio drammatico della visione gerarchica del diritto a preservare la propria vita a partire dal diritto a decidere del proprio corpo), sono le donne costrette a subire nelle “stanze di ascolto” le vessazioni psicologiche di una cultura antiabortista, è il lavoratore che può essere lasciato morire dissanguato, dopo aver subito una amputazione per un incidente sul lavoro, sono le persone non riescono a curarsi perché il loro reddito non glielo consente. Il corpo della nazione è la sofferenza per condizioni di vita deprivate e sottratte talvolta ai più elementari livelli di vita dignitosa, per sfruttamento, cinismo sociale e avidità. C’è un tessuto sociale di organizzazioni, enti, associazioni che combatte ogni giorno questa sofferenza sociale. Questo è il corpo della nazione.

La CGIL di Torino non solo esprime una forte preoccupazione nei confronti di questa deriva, non solo registra lo stanziamento di cifre significative da parte della Regione Piemonte per promuovere iniziative proprie di uno stato autoritario, ma ritene sia opportuno sottoporre a verifica la collegialità di eventuali adesioni da parti di istituzioni scolastiche.

Siamo convinti che nonostante i finanziamenti, le forzature, lo sforzo di mascherare valori regressivi, la società torinese con il suo tessuto di esperienza, organizzazione e cultura saprà esercitare quel ruolo di civiltà che da decenni preserva, nonostante i tentativi eversivi, la Costituzione e la vita democratica.