Protagonismo operaio e nuove forme della politica nell’Italia occupata

A cura di Claudio Dellavalle, Cristian Pecchenino – Martedì 26 novembre – Sala Memoria delle Alpi – Polo del ‘900

Il terzo momento affronta più da vicino la realtà del mondo del lavoro nel nostro paese. Si tratta di un’esperienza che ha indubbie specificità sia perché l’Italia entra in guerra come componente dell’Asse accanto a Hitler, tenta di uscire dalla guerra con l’armistizio dell’8 settembre 1943, subisce l’occupazione tedesca del centro-nord. Nell’autunno 1943 i tedeschi cercano di integrare il sistema produttivo italiano nelle scelte di guerra totale definite nel 1942-43 dal Terzo Reich. Dovranno però misurarsi con le forme di autodifesa diffuse attivate dai lavoratori e dalle lavoratrici. I fascisti della RSI cercheranno di controllare l’iniziativa operaia arrivando a proporre una forma di cogestione delle imprese. Senza successo, perché in cambio pretendono la pace sociale e il sostegno alla scelta bellica. Le forme di resistenza passiva in difesa dei livelli di vita e di lavoro del mondo operaio si incontrano per strade diverse con il movimento di resistenza armato che trova nella fabbrica un naturale terreno di incontro. Vengono così a maturazione le forme organizzative clandestine che a partire dallo sciopero generale del marzo 1944 daranno crescente rilevanza politica al protagonismo sociale del lavoro, proiettato sul dopoguerra dal prestigio morale e politico acquisito.

dal sito web dell’Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea “Giulio Agosti”

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